Torna Dune!
E anche se non è fumetto ma cinema, e speriamo di quello migliore, va bene lo
stesso. Il pretesto per parlarne è la cartella stampa diffusa, anche a noi,
dalla Warner Bross Pictures nei giorni scorsi con le prime immagini del nuovo
film. Una bella sfida indubbiamente. Il perché è presto detto. Se il romanzo di
Frank Herbert con i suoi sequel è una pietra miliare dell’immaginario moderno,
la pellicola che ne trasse David Linch nel 1984 è un vero cult. Il solo sentire
i nomi di Atreides, Harkonnen, Kwisatz Haderach, Fremen,
Bene Gesseritt fanno
vibrare corde profonde. Per quanto imperfetto, per quanto tagliato e ritagliato
all’infinito, per quanto maledetto nella sua lavorazione rimane un film d’autore
affascinante e potente. Estremamente potente. Chiunque ami il cinema o la
fantascienza non poteva che rimanerne ammagliato. Chissà se anche Denis
Villenueve ha in mente come noi quelle immagini? Di sicuro il regista canadese
dopo aver girato nel 2016 Arrival e l’anno seguente Blade Runner 2049 con Dune gioca
ancora la carta della fantascienza. Sembra comporsi così una vera e propria
triologia che ripercorre il grande cinema del genere che a cavallo tra la fine
degli anni ’70 e i primi anni ’80 raggiunse forse il suo apogeo. Se Arrival può
essere visto come la riproposizione in chiave personale e aggiornata di
Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg del 1977, Blade Runner
è ovviamente il sequel del film di Ridley Scott del 1982 e ora arriva al remake
vero e proprio con il film di Linch. Non è un caso secondo noi in questo
percorso, l’età anagrafica di Villenueve,
classe 1967. L’augurio è pero’ che la
nuova pellicola sia tutto tranne che un remake. La speranza è che il regista
che insieme a Jon Spaiths e Eric Roth firma anche la sceneggiatura, punti a un
film autoriale, riscriva da capo e senza sudditanze cercando una propria chiave
in confronto solo con il romanzo di Herbert.
Ricco e di
qualità il cast. Ne fanno parte (l’elenco è lungo preparatevi): il candidato
all’Oscar Timothée Chalamet (“Call Me by Your Name”, “Piccole Donne”), Rebecca
Ferguson (“Stephen King’s Doctor Sleep”, “Mission: Impossible – Fallout”),
Oscar Isaac (i film di “Star Wars”), il candidato all’Oscar Josh Brolin (“Milk”,
“Avengers: Infinity War”), Stellan Skarsgård (“Chernobyl” di HBO, “Avengers:
Age of Ultron”), Dave Bautista (la serie di film di “Guardiani della Galassia”,
“Avengers: Endgame”), Zendaya (“Spider-Man: Homecoming”, “Euphoria” di HBO),
Chen Chang (“Mr. Long”, “Crouching Tiger, Hidden Dragon”), David Dastmalchian
(“Blade Runner 2049”, “The Dark Knight”), Sharon Duncan-Brewster (“Rogue One: A
Star Wars Story”, “Sex Education”), con la candidata all’Oscar Charlotte
Rampling (“45 Years”, “Assassin’s Creed”), con Jason Momoa (“Aquaman”, “Il
Trono di Spade” di HBO) e il premio Oscar Javier Bardem (“No Country for Old
Men”, “Skyfall”).
Dietro la
macchina da presa, Villeneuve ritrova una squadra rodata e pluripremiata: la
scenografa due volte candidata all’Oscar Patrice Vermette (“Arrival”, “Sicario”,
“The Young Victoria”), il montatore due volte candidato all’Oscar Joe Walker
(“Blade Runner 2049”, “Arrival”, “12 Anni Schiavo”), il due volte premio Oscar
supervisore agli effetti visivi Paul Lambert (“First Man”, “Blade Runner 2049”)
e il premio Oscar per gli effetti speciali Gerd Nefzer (“Blade Runner
2049”).
Villeneuve
collabora per la prima volta con il direttore della fotografia candidato
all’Oscar Greig Fraser (“Lion”, “Zero Dark Thirty”, “Rogue One: A Star Wars
Story”); la costumista tre volte candidata all’Oscar Jacqueline West (“The
Revenant”, “Il Curioso Caso di Benjamin Button”, “Quills – La penna dello
scandalo”), il secondo costumista Bob Morgan e il coordinator delle
controfigure Tom Struthers (la trilogia de “Il Cavaliere Oscuro”, “Inception”).
Il compositore premio Oscar Hans Zimmer (“Blade Runner 2049”, “Inception”, “Il
Gladiatore”, “Il Re Leone”) ha realizzato la colonna sonora.
Tutti dati
questi che di cui ci ha gratificato la Warner Bross che in quanto all’uscita
del film,causa anche l’epidemia di Covid-19 non fissa un ordine temporale limitandosi,
come nella migliore tradizione, a dire “prossimamente”.
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