Darwin, viaggio all'origine dell'uomo e del fumetto


C’era una volta il cinema muto e qualche volta c’è ancora. Ricordiamo The Artist premiato con l’oscar nel 2012. Ma il fumetto muto? Rinunciare volutamente alle parole? Anche qui qualche tentativo c’è. Parliamo di Darwin, la miniserie in dieci puntate scritta nel 2016 da Giulio Antonio Gualtieri e disegnata da Alessio Moroni. A completare il team artistico per sfondi e illustrazioni c’erano Valeria Panzironi e Alessandra Rostagnotto mentre le copertine erano firmate da Simone Di Meo. La storia è collocata 40-50mila anni fa è viene così presentata: “Non siamo sempre stati soli. Molti, moltissimi anni fa, sulla terra camminavano diverse specie di uomini. Ma chi, fra loro, poteva dirsi veramente umano?”. Protagonisti del fumetto sono tre personaggi, uno per ognuna delle razze umane che in quel lontano evo coesistevano: Homo sapiens, Homo di Neanderthal e il meno conosciuto Homo di Flores (i suoi fossili sono venuti alla luce in Indonesia solo nel 2003). Tre sfaccettature dell’umano che in fondo, fanno capire gli autori, si assomigliano molto. Tre mondi che, forse inevitabilmente, sono destinati a scontrarsi fino a quando non ne rimarrà soltanto uno. Tre personaggi che per la gran parte della storia avrebbero bisogno di un linguaggio comune per interagire e capire forse quanto si somigliano. Linguaggio che per l’appunto manca e quando compare al più diventa un arma. Una storia che non nasconde l’ambizione filosofica, se non addirittura ideologica nella morale che via via manifesta. I titoli dei vari capitoli tracciano un eloquente percorso da “umano troppo umano” a “l’arte di avere ragione”, da “Il capitale umano” a “la ricchezza delle nazioni” fino all’inevitabile, ricordando il nome della testata, “origine della specie”. E forse questa gabbia programmatica finisce per gravare sull’opera. A condannarla a un fine annunciata, la chiusura di un teorema che tarpa le ali a uno sviluppo della trama che sorprenda. Un limite strutturale in una prova comunque positiva. Convince a livello grafico e risulta interessante a livello di narrativo. Intendendo sotto questo ultimo aspetto la narrazione come una narrazione a fumetti. Un concetto che paradossalmente è proprio l’esatto opposto di quel che esprimono le parole che lo compongono. Il fumetto è nella sua essenza una sequenza di immagini e il balloon con le parole, appunto i fumetti, non ne è poi un elemento fondamentale. Insomma rendiamo omaggio a Scott McCloud e quel monolito nero fonte di conoscenza che è “Capire il fumetto – l’arte invisibile”.


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