Saguaro, il nuovo eroe Bonelli only for mature readers

Una nuova serie regolare della Sergio Bonelli è come la nascita di un panda in uno zoo: una rarità. Un evento che si aspetta per anni e sulla cui sorte non si è mai sicuri finché non diventa adulto. Andando a memoria non so quale sia l’ultimo personaggio mensile sfornato dall’officina creativa di via Buonarroti prima di Seguaro che ha debuttato a fine maggio.
Direi forse Dampyr. Parliamo di 10 anni almeno. Non che la casa editrice sia stata ferma in questo periodo.
Ha sfidato il mercato con una pattuglia di miniserie da Caravan a Jan Dix, da Brad Barron a Demian, alcune molto belle, altre stiracchiate, ma un personaggio nuovo con un’uscita regolare, il semestrale Lilith di Luca Enoch, non fa testo, non si vedeva da molto. Per cui la curiosità era tanta. Abbiamo letto il primo numero del nostro navajo Thorn Kitcheyan, creatura di Bruno Enna e lo abbiamo apprezzato ma prima di dire qualcosa abbiamo voluto aspettare il secondo. Ora è il momento di mettere già qualche considerazione.


La storia è ambientata negli anni ’70 in una riserva indiana navajo in Arizona o giù di lì. Protagonista è un ex militare che torna a casa dal Vietnam, in cerca di tranquillità. Una sorta di Rambo ma con più equilibrio. Un uomo, come sempre nei personaggi di questo tipo, con molto passato alle spalle, che scopriremo un po’ alla volta. Soprattutto un tipo tosto e tutto d’un pezzo, integro fino al midollo e per niente disposto a compromessi. Insomma una sorta di Tex Willer vissuto un secolo dopo. E citiamo il personaggio principe della Bonelli non a caso, le simmetrie con Aquila delle notte affascinanti e probabilmente volute.
Tex è un bianco che vive in mezzo agli indiani, Saguaro è un indiano che ha vissuto in mezzo ai bianchi. Tutti e due conoscono entrambe le culture e si candidano, più o meno involontariamente, a far da ponte tra di esse e tra le loro incomprensioni. Certo se Tex era un vendicatore per bontà sua di  ogni ingiustizia subita dagli amerindi, Saguaro è un indiano vero che il razzismo e l’emarginazione l’ha provato sulla pelle. La prospettiva non è più esterna ma interna al problema.

Il nuovo personaggio è interessante perché nella decade per eccellenza degli antieroi, in cui film, fumetti e letteratura scoprivano come il confine tra bene e male fosse labile, Saguaro è un eroe vecchio stampo. Una roccia pronta a reggere qualsiasi colpo e andare dritto per la sua strada. Un vero e proprio erede di Tex come si notava prima. Di più una rincarnazione.

Ma sugli anni ’70 vogliamo fermarci ancora un momento. Questa decade sembra stia diventando una sorta di topos letterario privilegiato per la Bonelli. Tornando alle miniserie, una delle più riuscite senza dubbio è stata Cassady che proprio in questo periodo storico era ambientata. Citiamo anche Mister No, che pur antecedente arriva con le sue avventure a lambire quegli anni.
E’ come se questa decade fosse ancora un luogo dell’immaginario possibile per le storie made in Bonelli. Un habitat naturale, in cui la tecnologia non era ancora così asfissiante, il mondo era ancora abbastanza grande da avere angoli, se non come una volta interi continenti sconosciuti e misteriosi. Per assurdo, gli anni che visti in prospettiva forse più di altri incarnano la fine dell’innocenza, della speranza di un mondo migliore, di quella rinascita dalle ceneri iniziata alla fine della Seconda guerra
mondiale, rimangono ancora un luogo in qualche maniera integro, o più integro dell’oggi. Anni in cui la speranza e l’utopia, forse per l’ultima volta potevano mettere radici. Una sorta di infanzia, non solo ideale ma temo, idealizzata. E così arriviamo al punto di questo post.
La sensazione leggendo Saguaro è che l’impalcatura sia quella dell’humus culturale dell’ultima grande generazione di lettori Bonelli. Inutile nascondercelo, noi che andiamo in edicola e guardiamo i fumetti, soprattutto che acquistiamo gli albi italiani, mediamente abbiamo tutti qualche capello bianco. I lettori di Tex qualcheduno di più, quelli di Martin Mystere e Nathan Never qualcuno di meno. Anche gli appassionati di Dylan Dog, almeno la generazione che ne decretò il successo, anche quando non sorride mostra qualche ruga intorno agli occhi. E gira e rigira, salvo qualche spavaldo adolescente che si lascia attrarre nelle pagine a vignette, siamo sempre i soliti. Potremmo fondare un club e conoscerci di persona. Ricordo che a metà degli anni ’90 il lettore medio di un fumetto Bonelli veniva descritto come di 27-28 anni. Essendo generosi oggi immaginiamocelo come un 40enne. Basta chiedere all’edicolante che avete sotto casa per constatare che il nostro identikit non è molto lontano dal vero.

E così il cerchio si chiude. La nostra casa editrice regala ai suoi lettori un pezzo della loro infanzia. Un personaggio di cui possano prendere le coordinate con facilità. Le auto, le motociclette, la moda, sono quelli di quando in braghette corte si sognava l’America mentre si giocava con i soldatini. Cowboy e indiani dell’Atlantic naturalmente. Per carità un’operazione lecita, le storie di Saguaro sono solide, solidissime come solo l’alto artigianato delle fucine Bonelli sa produrre. Sono uno splendido meccanismo narrativo, con gli ingranaggi che girano precisi lucidi e precisi. Tic tac, tic tac. Un meccanismo in un mondo digitale però.

E qui l’armamentario ideologico degli anni ’70 sì che potrebbe far capolino. Potremmo dire che è un’operazione nostalgica, di retroguardia, di stampo conservatore, reazionaria. Non in senso politico ovviamente, ma sicuramente culturale. Facendo un balzo in avanti potremmo dire che è paradigmatica del nostro Paese di oggi. Non si guarda al futuro, troppe incognite, troppo difficile affrontarne la sfida, meglio guardare indietro, chiudersi in una prospettiva passata ma che in quanto nota è consolatoria. Astraendola dal vissuto rimane la nostalgia. Un eden o un loto.

Non vorrei farla troppo dura però. E’ un’operazione tutto sommato lecita. Se togliessimo le lenti del critico e appassionato, per metterci nell’ottica di un’azienda allora potremmo dire che coltivare lo zoccolo duro dei propri lettori è un’abile strategia di marketing. Non solo ma questo sentimento, questa nostalgia di ieri, può anche avere una valenza letteraria. Alla fine gli scrittori sono solo vele che raccolgono il vento della loro generazione.

Eppure la domanda non può essere evitata. Può bastare? Anche solo come spunto di riflessione mi sembra interessante. Tanto più dopo che giovedì la Rcs ha pubblicato il primo numero della nuova serie dedicata ad Ultimate Spiderman. Le corrispondenze sono molte. Anche negli States il calo demografico dei lettori di fumetti è da paura. Se film e cartoni animati sono un fiume d’oro per la casa delle idee, gli album dei comics sono ormai delle cenerentole. Eppure alla Marvel hanno ben chiaro che parte tutto da lì parte. E’ come se la fantasia tra carta e inchiostri colorati riuscisse a produrre una magia particolare, a dare vita miti potenti
e duraturi. Per questo occorre far partecipe di questa magia anche i ragazzini. Bisogna contaminarli. E allora arriva l’idea di riscrivere da capo le avventure dei personaggi più importanti, l’Uomo ragno e gli X men. Nuovi inizi, dopo 40 anni di avventure, perché le storie che sono state raccontate, possano di nuovo essere raccontate. In una circolarità della narrazione, che è la magia più potente di tutte, ma che deve essere fatta con voci nuove, con gli occhi e la visuale dell’oggi. Ho letto con piacere le prime avventure del nuovo Spiderman. Una decina di anni fa mi ero fermato al numero uno. Dieci anni dopo ne ho apprezzato il ritmo, divertendomi a vedere le reinterpretazioni dei personaggi. Zio Ben con il codino, post hippie, saggio e moderno, è uno spasso. Ma soprattutto ho notato come l’album appariva già datato. Oggi come si fa a immaginare dei ragazzini di 14 anni, il pubblico cui era diretto, senza un cellulare in mano? Senza i social network e Internet?  Dieci anni come sono lunghi e in America lo sanno… Sarà un caso ma mercoledì ha debuttato nelle nostre sale cinematografiche il nuovo film di Spiderman? Ah già, se non lo sapete, è un reboot!

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