Tra i misteri dell'Egitto e delle bande dessinée

La forza e la maledizione delle bande dessinée. E' stato il caso a mettere sulla mia strada questo bel volume edito dalla Glenat Italia nell'86. "Gli eredi del sole" raccoglie tre capitoli delle avventure egiziane create dal un giovane Didier Convard (La maschera di morte, il profeta di sabbia, la vedova). Un libro che presenta tutta la bellezza e la fatica del fumetto francese.
Facciamo due premesse. Il libro racconta le avventure di fratello e sorella, due ragazzi del popolo al tempo del faraone Ramsete. Un tempo storico che si mescola con quello biblico di Mose. Sotto il faraone gli ebrei faticano nei cantieri per costruire templi e monumenti in onore delle divinità zoocefale. Se nel primo capitolo, gli avvenimenti rimangono sullo sfondo e la fa da protagonista una storia gialla, nel secondo e nel terzo invece divengono il centro della narrazione con i due protagonisti di un gioco più grande di loro, come pezzi di una partita a scacchi che Osiride e le altre divinità egizie combattono contro il nuovo dio unico. Una partita per la sopravvivenza, per non essere dimenticati, in cui sono disposti a giocarsi il tutto per tutto. A qualunque costo. La narrazione, lenta, lentissima, quasi asfittica, del primo capitolo nei successivi spiega le ali come un Ibis sulle ali del Nilo per diventare avvincente. Come se all'autore fosse servita la prima storia per rodare i motori e poi spingerli a fondo.
Un crescendo, e questa è la seconda premessa, che è solo narrativo. Il disegno in una staticità statuaria, con tutta l'eleganza e misura di cui la linea chiara è capace, risente forse un filo di troppo del tempo trascorso. Una pecca che è anche un merito però. Togliendoci gli occhiali della modernità fatta di videogiochi e manga, non si può non rimanere affascinati da questo stile, quasi da affresco, di come sia calzante conferendo un’aurea di classicità alla storia. Come se invece di leggerla sulla carta la stessimo vedendo alla luce di una torcia sulla parete di qualche tomba nella Valle dei Re.
Tre avventure che naturalmente non sono una storia. O almeno una storia finita... E questa la maledizione delle bande desinée. Seguire le avventure di un personaggio è come sposarlo. Bisogna mettere in conto anni e anni per sapere come si svilupperanno le sue vicende e quale sarà l'epilogo. Quando poi di ripassano le Alpi alla volta del Belpaese gli anni possono trascorrere anche solo per vedere tradotto un nuovo capitolo. Difficile rimanere fedeli a un personaggio. Un rapporto reso ancora più ostico dai travagli di un mercato editoriale sempre agitato e che, se si è aperto alle graphic novel invece è andato via via disseccandosi per quel che riguarda le Bande dessinée.
Una maledizione, quella dell'incompletezza, dell'interruzione, che è un tratto distintivo della generazione degli anni '80 svezzata al mondo dalle serie animate giapponesi in tv la cui caratteristica peculiare nostrana era una programmazione selvaggia e bulimica che sovente si risolveva in un'interruzione. Il libro di Convard pare non fare eccezione. Una ricerca, pur sommaria non trova un altro volume che raccolga gli ultimi due capitoli della saga pur pubblicati in albi singoli dalla Glenat.

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